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Lewis Carroll e Alice nel Paese delle Meraviglie

Lewis Carroll è lo pseudonimo con cui nel 1856 Charles Lutwidge Dodgson cominciò a firmare le sue
opere non scientifiche. Nato il 27 gennaio del 1832 a Daresbury, nell'Inghilterra sud-occidentale,
Charles proveniva da una famiglia ultraconservatrice. Quello familiare non era il solo ambiente austero
a cui Charles si sarebbe dovuto adeguare: a quattordici anni entrò nella "Public School" di Rugby,
dove la disciplina ed il rigore erano severamente salvaguardati da punizioni corporali. Si laureò poi in
matematica, che insegnò per tutta la vita. In linea di massima si può dire che la sua fu una vita
monotona, priva di avvenimenti particolarmente interessanti: una vita senza sesso e senza lunghi
viaggi. Ma la sua fantasia nel corso di quegli anni avrebbe partorito le opere fantastiche più notevoli
di tutti i tempi, dalle quali sarebbero derivate tutte le favole moderne poi riprese da autori e disegnatori
inglesi e alla fine dallo straordinario Walt Disney: Alice in Wonderland ed il suo seguito Throught the
Looking-Glass and What Alice Found There, Phantasmagoria, The Hunting of the Snark, an Agony
in Eight Fits, Sylvie and Bruno Concluded, The Nursery Alice. Alla base di Alice in Wonderland
(Alice nel Paese delle Meraviglie) e del suo seguito (Dietro lo specchio e ciò che Alice vi trovò) c'è
un'altra grande passione di Charles Dodgson/Lewis Carroll, quella per le bambine, che furono le sue
uniche vere amiche. La sua preferita rimase Alice Liddell, la figlia del decano di Christ Church,
Henry George Liddell. E' in lei che si riflette la protagonista del libro ed è a lei, e alle sue due sorelle
che Carroll si rivolge nei versi che introducono Alice in Wonderland.Il libro non è un semplice racconto
per bambini. E' il trionfo del nonsense, dell'improbabile, in cui il capovolgimento della realtà quotidiana
si propone come l'antidoto al pesante conformismo vittoriano, di cui anche Carroll era inevitabilmente
intriso. Gli occhi di Alice sono quelli dell'innocenza e della non ancor corrotta spontaneità, qualità
destinate però ad appannarsi con il trascorrere degli anni a causa dell'invadente ruolo delle convenzioni
sociali; la sua fantastica avventura nel Paese delle Meraviglie è una momentanea fuga dal pragmatico
mondo degli adulti, un modo per riaffermare il diritto all'immaginazione. Si tratta di un libro complicato,
pieno di giochi linguistici che, se trasportati in un'altra lingua, rischiano di perdere il loro senso
originario; un libro infarcito di paradossi logici, canzoni nonsense divenute popolarissime in area
anglosassone, frasi taglienti e crudeli non sempre facili da cogliere, spiritosi giochi di parole a volte
comprensibili solo a chi aveva fatto parte di quel microcosmo oxfordiano in cui Carroll aveva vissuto
per quasi mezzo secolo. Al di là delle tante interpretazioni che ne sono state date, quella di Alice in Wonderland è una storia affascinante, che svela al lettore una serie di situazioni e di personaggi assolutamente surreali, o addirittura spaventosi, destinati a svanire nel momento in cui Alice si desta dal suo fantasioso sogno: il Bianco Coniglio con tanto di panciotto e orologio da tasca, il grande Bruco azzurro che fuma il nargihlè, il Pesce-valletto e la Rana-valletto, la Duchessa, il Gatto del Cheshire che scompare e riappare, lo strano Cappellaio, la Lepre Marzolina, la triste e solitaria Finta Tartaruga, il Re e la Regina di Cuori, il surreale processo al Fante di Cuori e la sfilata di bizzarri testimoni chiamati a deporre, ed infine l'esercito di carte impazzite che assale minacciosamente la piccola Alice la quale, nel tentativo di difendersi, si risvegli improvvisamente e si ritrova sdraiata su una panca con la testa in grembo alla sorella maggiore. Quel meraviglioso, e a tratti inquietante, mondo si è dissolto lasciando nuovamente il posto alla realtà di tutti i giorni. Alice dovrà ancora una volta confrontarsi con una società in cui l'esistenza è spesso monotona, priva di forti emozioni, dove le stravaganze e le fantasticherie sono bandite e confinate negli spazi più reconditi dell'anima; l'unica speranza è che, crescendo e diventando adulta, Alice possa mantenere "il cuore giocondo e puro della sua infanzia", raccogliendo a sé gli altri bambini e rendendo "brillanti i loro occhi con magnifiche, strane storie, forse anche con quella antica del Paese delle Meraviglie".
(di Mario Galeotti)


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